venerdì 14 giugno 2013
La Corte di Cassazione su mutui e interessi c.d. usurari
La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 350 del 9 gennaio 2013, ha reso una pronuncia in materia di mutui e, precisamente, in tema di interessi.
Il mutuo è un contratto tipico, con il quale una parte, detta mutuante, consegna all'altra, detta mutuataria, una somma di denaro o una quantità di beni fungibili, che l'altra si obbliga a restituire successivamente con altrettante cose della stessa specie e qualità.
L’istituto trova espressa disciplina nel codice civile all’art. 1813 e seguenti.
Il mutuo, solitamente, viene stipulato con un istituto creditore e, in tal caso, sono assai frequenti i mutui c.d. onerosi, tuttavia, possono essere stipulati anche mutui gratuiti (senza interessi).
Il contratto di mutuo ha natura reale, dal momento che, come detto, prevede la consegna alla parte mutuataria di un dato bene che, solitamente, consiste in una somma di denaro.
La prassi quotidiana conosce i tipici casi di mutuo ipotecario o fondiario, ma questi non sono i soli tipi mediante i quali è possibile ricorrere al credito: esistono altre figure come ad esempio l’apertura di credito in conto corrente che persegue finalità analoghe a quelle del contratto di mutuo.
Uno degli elementi che contraddistinguono i mutui c.d. onerosi consiste nell’obbligo per la parte mutuataria di rientrare del debito sorto a seguito della stipula del contratto di mutuo, restituendo alla parte mutuante, oltre al capitale, anche una somma a titolo di interessi.
A tal proposito, il mutuo può essere stipulato mediante la previsione di un tasso di interessi fisso o di un tasso di interessi variabile.
La determinazione degli interessi deve essere effettuata nel rispetto del tetto stabilito nel Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (ora per il periodo gennaio-marzo 2013, il decreto è stato emesso in data 21.12.2012 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28.12.2012, serie generale n. 301).
Nel caso in cui non vengano rispettate le soglie ivi indicate, gli interessi sono considerati di tipo usurario.
Le pattuizioni convenute in sede di stipula di contratto rimarranno poi invariate per tutta la durata dello stesso, salvo la possibilità, oggi ammessa, di surrogare l’istituto creditore con uno nuovo che offre condizioni più competitive.
La pronuncia resa dalla Suprema Corte di Cassazione, ove sono stati qualificati come usurari gli interessi dovuti dal privato in maggiorazione ad interessi moratori già determinati, sulla considerazione che gli stessi superavano il limite stabilito dalla legge in materia, riguarda il caso nel quale la banca mutuante è stata convenuta in giudizio in quanto, ad avviso della parte attrice, già parte mutuataria, “il tasso applicato al contratto di mutuo con garanzia ipotecaria stipulato il 19.9.1996 per l'acquisto della propria casa era da considerare usurario”.
In primo grado, il tribunale adito rigetta la domanda in base al disposto di cui all’art. 2 della legge 108/1996, in virtù del quale, “per la determinazione degli interessi usurari i tassi effettivi globali medi rilevati dal Ministero del Tesoro ai sensi della citata legge devono essere aumentati della metà.
Considerato che il D.M. 27 marzo 1998, emesso dal Ministero del Tesoro, prevedeva per la categoria dei mutui il tasso dell'8.29%, ha quindi, escluso che il tasso contrattualmente fissato potesse essere ritenuto usurario.”.
Tale posizione viene successivamente confermata in appello.
La questione giunge poi in Cassazione ove viene proposto ricorso: la Corte accoglie il profilo rilevato dall’istante e relativo all’usurarietà dei tassi.
La parte ricorrente aveva dedotto che l'interesse pattuito (inizialmente fisso e poi variabile) era del 10.5%, in contrasto con quanto previsto nel D.M. 27 marzo 1998, che indica il tasso praticabile per il mutuo nella misura dell'8.29%.
Tale tasso, infatti, sarebbe usurario a norma della legge n. 108 del 1996, art. 1, comma 4, in particolare, in base alla considerazione che il mutuo fu richiesto per l'acquisto di un bene primario, quale la casa di abitazione, e sul presupposto che dovrebbe tenersi conto della prevista maggiorazione di 3 punti in caso di mora.
A tal proposito, i tassi sono qualificabili come usurari nel caso in cui, a qualunque titolo, superino il limite stabilito dalla legge, e ciò secondo la prescrizione data dall’art. 1 del Decreto Legge 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura. GU n.303 del 30 dicembre 2000, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2001, n. 24. G.U. 28 febbraio 2001, n.49).
Secondo i giudici, la circostanza che il mutuo è stato contratto per l’acquisto della casa sarebbe irrilevante, e ciò in base alla circostanza di cui all’art. 644, comma terzo, codice penale, secondo il quale sono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge ovvero "gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria".
L’art. 1 del Decreto Legge 29 dicembre 2000, n. 394, a tal proposito, evidenzia che il momento rilevante è quello nel quale gli interessi sono promessi o convenuti.
La norma da ultimo richiamata è del seguente tenore: “Ai fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale e dell'articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.”.
L’inciso “a qualunque titolo” consente pertanto di ricondurre alla definizione resa anche gli interessi moratori dovuti in seguito alla stipula di un contratto di mutuo (Corte cost. 25 febbraio 2002 n. 29: "il riferimento, contenuto nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile - senza necessità di specifica motivazione - l'assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori"; Cass., n. 5324/2003).
Il secondo comma dell’art. 1815 cod.civ., a tal proposito, afferma che “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.
Conseguenza di una simile pattuizione, tuttavia, è l’operatività della prescrizione penale in materia, dal momento che integra il reato di usura perseguibile penalmente ai sensi dell’art. 644 cod.pen.
In breve, con l’importantissima pronuncia resa, la Suprema Corte di Cassazione ritiene che, al fine di classificare un mutuo come usurario, per la determinazione del c.d. tasso soglia, rilevano anche il tasso di mora nonché le altre spese sostenute dalla parte mutuataria qualora, sommate, sconfinino oltre le determinazioni stabilite dal Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze vigente.
La sentenza in commento tra lo spunto per effettuare talune riflessioni relative all'andamento del mercato dei mutui ed all'erogazione degli stessi.
L'attuale crisi economica, infatti, ha avuto ripercussioni anche nell'erogazione dei mutui per cui vengono oggi effettuati controlli più stringenti da parte degli istituti di credito rispetto a ciò che accadeva in passato.
Il mercato dei mutui rimane, tuttavia, ancora competitivo, nel senso che, ove un istituto di credito si astiene dall'accoglimento della domanda di mutuo, un altro sarà invece disposto a concederlo, salvo che la condizione del richiedente non sia patologica e, quindi, sia palesemente evidente il suo futuro inadempimento all'obbligazione di restituire il capitale mutuato, oltre agli interessi.
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Nutre astio verso il padrone e gli uccide volutamente il cane con un calcio. Reato di maltrattamento di animali con crudeltà e volontarietà. Nessuna pena sostitutiva a quella detentiva. Carcere per l'autore del fatto.
Corte di Cassazione sentenza del 13 Giugno 2013 n. 25899.
martedì 11 giugno 2013
Mutui: il tasso di interesse è usurario anche se la soglia di legge è superata per effetto della mora
La Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 350 del 9.1.2013, ha fissato un importante principio in tema di determinazione dell’usurarietà del tasso d’interesse applicato dagli istituti di credito all’atto della stipula di un contratto di mutuo.
Uno degli elementi che contraddistinguono i finanziamenti c.d. onerosi consiste, infatti, nell’obbligo per la beneficiaria di rimborsare il debito assunto, restituendo alla banca mutuante, oltre al capitale, anche una somma per interessi.
L’art. 1815, co. 1, c.c., infatti, dispone che “salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante”.
Il tasso applicabile deve, però, essere concordato nel rispetto del tetto stabilito trimestralmente dal Ministero del Tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi.
Il limite è fissato attraverso la rilevazione del tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari (art. 2, co. 1, L. 7.3.1996, n. 108).
Il superamento della soglia di legge configura un illecito penale, punibile ai sensi dell’art. 644, c.p. e rende nulla la clausola contrattuale che ha previsto il tasso, ex art. 1815, co. 2, c.c., giustificando la non debenza degli interessi concordati.
La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha precisato che devono intendersi usurari, ai fini dell’applicazione degli artt. 644, c.p., e 1815, c.c., i tassi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono convenuti, a qualunque titolo, quindi anche se relativi ad interessi moratori.
Ne deriva che questi ultimi concorrono, insieme agli altri oneri posti a carico della parte mutuataria, alla determinazione del tasso complessivo da rapportare a quello soglia (cfr., in proposito, anche Cass. civ., 4.4.2003, n. 5324).
Per stabile se si configura l’usura, occorre avere riguardo al momento in cui gli interessi derivanti dal mutuo sono stati convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente da quando sia richiesto il loro pagamento (art. 1, co. 1, DL 29.12.2000, n. 394, convertito nella L. 28.2.2001, n. 24, recante l’interpretazione autentica della L. 7.3.1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura; al riguardo, cfr., anche Corte Cost., 25.2.2002, n. 29).
In conclusione, le clausole contrattuali che stabiliscano tassi d’interesse ordinari e di mora, la cui somma superi il valore soglia ex art. 2, co. 1, L. 7.3.1996, n. 108, sono nulle, senza inficiare il negozio nella sua interezza.
Il beneficiario del finanziamento ha, dunque, diritto ad ottenere la restituzione degli interessi già versati o, quantomeno, di quelli corrisposti in misura superiore al dovuto, rimanendo valido il mutuo contratto.
L’art. 1419, co. 3, c.c., statuisce, infatti, che “la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative”.
lunedì 3 giugno 2013
Eternit, condanna di 18 anni per l'imprenditore Schmidheiny

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