mercoledì 24 luglio 2013

La Consulta dichiara illegittimo l'art. 19 dello Statuto dei lavoratori

La Corte Costituzionale ha pubblicato la sentenza n. 231/2013 con cui è stata sancito l’incostituzionalità dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori, il cui dispositivo era già stato reso il 3 luglio 2013. Il giudizio è stato promosso, in via incidentale, dalle ordinanze di rimessione dei Tribunali di Vercelli, Modena e Torino ed ha riguardato la lesione del diritto di libertà di sindacale; in particolare, era stato disconosciuto ai lavoratori della Ferrari di Modena il diritto a costituire rappresentanze sindacali perché non avevano sottoscritto il contratto di lavoro collettivo, al quale avevano partecipato attivamente ai negoziati. L’art. 19, lett. B) l. 300/1970 prevedeva che i diritti in contestazione dovessero essere prerogativa esclusiva delle sole organizzazioni firmatarie dei contratti collettivi La Corte ha affermato che i dubbi circa l’illegittimità dell’art. 19 erano sorti già dagli anni ’80 e che ripetutamente, la stessa Corte, è intervenuta con sentenze di monito per indirizzare il Legislatore, già dalla sentenza n. 1/1994, ed invitarlo a mutare il dettato normativo. I sindacati dotati della c.d. “maggiore rappresentatività” erano i soli privilegiati a godere dei diritti sindacali attribuiti dallo Statuto. L’illegittimità si è palesata, pertanto, per l’esclusione dal godimento dei diritti in azienda del sindacato non firmatario di contratti collettivi , ma concretamente rappresentante dell’effettivo consenso dei lavoratori. Sebbene la Corte fosse già intervenuta con una sentenza interpretativa adeguatrice con cui ha interpretato in modo estensivo tale articolo, affermando che anche ai sindacati meramente “firmatari” si applicassero i diritti di cui all’art. 19, indipendentemente dal fatto che avessero o meno partecipato ai negoziati, salvando in questo modo la norma, a fronte del mutato contesto delle relazioni sindacali la Corte ha dovuto sancire l’illegittimità definitiva. La Corte ha affermato che l’art. 19 si pone in contrasto con i principi essenziali della Costituzione, violando l’art. 2, 3 e 39 Cost. Infatti, nel momento in cui vien meno alla sua funzione di selezione dei soggetti sindacali in relazione alla loro concreta ed effettiva rappresentatività, anche a livello aziendale, il criterio della sottoscrizione del contratto, da parte di soggetti non rappresentativi, viene inevitabilmente a scontrarsi con i canoni costituzionali. L’art. 19 ha violato l’art. 3 Cost. sotto il profilo della irragionevolezza e della disparità di trattamento tra le organizzazioni sindacali, alcune delle quali sarebbero privilegiate o discriminate non in relaziona alla loro concreta rappresentatività, bensì solo in base al rapporto con i vertici aziendali, per aver o meno prestato il proprio consenso alla sottoscrizione del contratto, violando altresì il pluralismo e la libertà di azione dei sindacati, i quali, a fronte della concreta rappresentatività, nelle ipotesi di un denegato accesso al tavolo delle trattative, si pone in contrasto con l’estromissione da qualsiasi tutela sindacale, collegata automaticamente alla mancata sottoscrizione del contratto. Ciò configura, pertanto, una sanzione al dissenso ed alla libertà di dire “no” dei sindacati che , non accettando il contratto, vengono esclusi dalla tutela del 19. La Corte ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 19 in quanto non riconosce la rappresentanza sindacale ai sindacati non firmatari dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, i quali abbiano, però , partecipato attivamente alle negoziazioni. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nessun commento:

Posta un commento